Il nuovo Regolamento europeo sui dispositivi medici dovrebbe far decadere le norme nazionali sulla pubblicità e con queste la necessità dell’autorizzazione ministeriale. Nonostante il Ministero della Salute abbia ribadito la piena validità dell’articolo 21 del Dlgs 46/97, a parere di chi scrive tali regole sono superate dalla piena efficacia del MDR (26 maggio 2021). Ma il dibattito è aperto e c’è il rischio di contenziosi.
Come noto, nonostante la previgente Direttiva 93/42/CEE (MDD) non avesse previsto alcuna disciplina specifica per la pubblicità di dispositivi medici, il legislatore italiano in fase di recepimento della direttiva stessa ha introdotto l’articolo 21 del Dlgs 46/97. Tale articolo stabilisce che:
Successivamente poi è stato emanato il DM 23 febbraio 2006 che dava attuazione all’articolo 21 nonché numerose Linee Guida del Ministero, in particolare sull’utilizzo dei social media
Negli ultimi tempi poi (anche sulla spinta di numerose sentenze del TAR Lazio che hanno ampliato le maglie applicative della disciplina) è stata emanata una apposita Linea Guida sull’utilizzo di testimonial, è stata liberalizzata la pubblicità dei preservativi (DM 6 ottobre 2020), ed è altresì venuta meno l’obbligo di autorizzazione per le mascherine (documento Min Salute 20 ottobre 2020) (sul tema mascherine si legga anche il nostro articolo Pubblicità delle mascherine, i risvolti giurisprudenziali)
Il MDR, diversamente dalla direttiva, ha un articolo specifico nel quale si disciplina (anche) la pubblicità. L’articolo 7 stabilisce infatti che: “Nell’etichettatura, nelle istruzioni per l’uso, nella messa a disposizione, nella messa in servizio e nella pubblicità dei dispositivi è proibito il ricorso a testi, denominazioni, marchi, immagini e segni figurativi o di altro tipo che potrebbero indurre l’utilizzatore o il paziente in errore per quanto riguarda la destinazione d’uso, la sicurezza e le prestazioni del dispositivo:
Tale norma, dunque, disciplina in termini generali il contenuto di un messaggio pubblicitario relativo ad un DM e non fa alcun riferimento a regimi autorizzativi o controlli preventivi da parte delle competenti autorità nazionali.
Dal 26 maggio 2021 quindi ci si chiede se il meccanismo autorizzativo previsto dal D. L.gs 46/97 sia stato implicitamente abrogato dal MDR e se quindi l’attuale articolo 7 MDR sia oggi l’unica normativa in vigore in materia di pubblicità, oppure se invece le due normative convivono. Seppure il Ministero della Salute abbia affermato pubblicamente durante alcuni convegni che ritiene ancora vigente l’articolo 21, si ritiene che l’articolo 7 MDR abbia comportato un’abrogazione del suddetto articolo e della collegata disciplina autorizzativa. Ciò in ragione delle seguenti argomentazioni:
Il MDR si qualifica come normativa di armonizzazione completa ossia ha l’obiettivo di introdurre una disciplina in materia di DM uniforme in tutti gli Stati membri, come si evince dal Considerando 2 “(…) il presente regolamento armonizza le norme per l’immissione sul mercato e la messa in servizio sul mercato dell’Unione dei dispositivi medici e dei relativi accessori (…)”. Per giurisprudenza pacifica comunitaria, questo particolare tipo di norme sono dotate del cosiddetto preemptive effect: l’emanazione di una normativa di armonizzazione a livello europeo in una determinata materia inibisce il potere degli Stati membri di adottare o mantenere disposizioni nazionali in quella stessa materia.
Di conseguenza, il MDR dovrà considerarsi l’unica normativa applicabile all’ambito dei dispositivi medici: pertanto il Dlgs 46/97 dovrà quindi ritenersi interamente abrogato, compreso il citato articolo 21.
Non vi è dubbio che l’obiettivo della MDR sia trovare un punto di equilibrio tra la libera circolazione delle merci e la tutela della salute: in questo senso il legislatore comunitario nell’art. 7 ha espresso la sua scelta determinando quali devono essere criteri per valutare una pubblicità come corretta. Ora, ammesso e non concesso che residui un potere in capo agli Stati membri di introdurre “ulteriori” discipline in ambito comunitario, appare palese che tali discipline (nel nostro caso art. 21 Dlgs 46/’97) debbano rispettare i principi generali del Trattato sulla libera circolazione (art. 34 TUFE).
Sotto questo profilo la giurisprudenza comunitaria è del tutto pacifica nel considerare i regimi di autorizzazione preventiva molto restrittivi per la libera circolazione delle merci e quindi non proporzionati, ciò in ragione anche del fatto che tale limitazione non sussiste negli altri Stati membri. In questo senso la disciplina autorizzativa dell’art. 21 potrebbe configurare una misura di effetto equivalente contraria al Trattato.
Questa è la domanda più complessa. Come già accennato il Ministero sembra orientato nel senso di ritenere ancora valido l’art. 21. Ciò potrebbe comportare l’applicazione di sanzioni amministrative nel caso di pubblicità senza autorizzazione: in questo caso occorrerebbe impugnare l’eventuale sanzione davanti ai competenti organi giudiziari sostenendo che l’art. 21 deve ritenersi non compatibile con il nuovo quadro del MDR e quindi come tale disapplicabile. Tuttavia, il venir meno dell’articolo 21 (opinione giuridica di chi scrive) non significa essere liberi di scrivere quello che si vuole in pubblicità. Vale la pena ripetere che l’articolo 7 MDR in questo senso è molto chiaro: è vietato il ricorso a “testi, denominazioni, marchi, immagini e segni figurativi o di altro tipo che potrebbero indurre l’utilizzatore o il paziente in errore per quanto riguarda la destinazione d’uso, la sicurezza e le prestazioni del dispositivo”. Come già evidenziato nel precedente articolo (Pubblicità dei dispositivi medici, quale futuro con il Mdr?), ciò significa assoluta coerenza tra quello che si scrive in pubblicità e quanto risulta dalla valutazione clinica e dalle istruzioni d’uso. Quindi è ammesso scrivere solo quello che si può provare.
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